Il diritto di parola
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il
proprio pensiero con le parole, lo scritto
e ogni altro mezzo di diffusione
Art. 21 della Costituzione della Repubblica Italiana
Scrivere per prendere la parola
È interessante osservare come nel corso degli anni alcune caratteristiche dei laboratori di scrittura si ripetano con una certa costanza, senza apparentemente essere condizionati dal contesto di realizzazione, dall’età dei partecipanti, dalla professione svolta o a da altre variabili definibili. Una di queste costanti è la difficoltà di prendere la parola.
Legittimarsi ad un atto che si pone alla base del nostro essere comunità democratica, dove tutti hanno diritto di parola, sembra essere ancora molto difficile.
In questo contesto, per molti, il laboratorio di scrittura diventa palestra di presa di parola, per alcuni sorprendentemente la prima palestra che gli sia stata offerta dai tempi della scuola. Ognuno ha il suo tempo per dire, per essere ascoltato e per ascoltare con attenzione. Si giocano le regole del codice comunicativo e per molti è la prima volta che ci si sofferma ad osservare la comunicazione, la sua punteggiatura, i suoi ritmi, i suoi tempi (Watzlawick, 1971).
Quando dalla parola si passa alla scrittura e poi alla lettura, gli scritti sono rinforzati e legittimati ulteriormente dall’esercizio della presa di parola. La scrittura diventa anch’essa strumento del diritto di parlare, di dire, di esprimere. Trovare le parole per dire (Cardinal, 2001). Una scrittura che non porta in sé l’esperienza di questa pratica, la consapevolezza dell’esercizio di questo diritto è una scrittura monca, incompleta, mancante di forza e di coerenza.
Nelle scuole e nei servizi educativi l’esercizio del diritto di parola è parte fondamentale nella gestione dell’istituzione stessa ma anche nell’organizzazione della pratica didattica. Un insegnante attento alla propria presa di parola, capace di esercitarla, sarà un adulto in grado non solo di praticare il proprio diritto di parola ma di educare gli altri, che gli sono stati affidati, al rispetto e all’esercizio di questo diritto.
La scrittura e la sua pratica si connettono così fortemente all’esercizio della pratica democratica ed inizia ad intravedersi il forte senso etico che attraversa questo medium espressivo.
Ci racconta Laura, una volontaria della memoria che ha raccolto la storia di Caterina: “… un ulteriore elemento interessante è stato dato dalla consapevolezza di poter dare voce a ricordi, emozioni che altrimenti non l’avrebbero avuta, … in tal senso la raccolta di autobiografie ha una forte valenza sociale” (Silvestro, 2002). Scrivere per ordinare il proprio pensiero, per esprimere il proprio punto di vista, comunicarlo agli altri, osando. “Prendere la parola e mostrarsi” (Arendt, 1988). Scrivere per esercitare un diritto democratico, per prendere ed offrire la parola. “Il mondo cresce attraverso le storie” (Mascagna, 2002) ci ricorda Ivano Mascagna, volontario della memoria.
“Le persone come Emilia che hanno contribuito a formare le radici e le basi del mondo attuale, anche se sembra che questo ora le rifiuti, hanno diritto di far sentire la loro voce, e tutti noi il dovere di conservarne la memoria” (Brunetti, Ravecca, 2002) ci ricorda Luciana Spinardi, volontaria della memoria che ha raccolto la storia di Emilia, donna e contadina di Langa.
Per approfondire:
Watzlawich P. (1971), Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio Ubaldini, Roma.
Cardinal M. (2001), Le parole per dirlo, Bompiani, Milano.
Arendt H. (1988), Vita activa. La condizione umana, Bompiani, Milano.
Mascagna I. , Silvestro S. (2002), “Il mondo cresce attraverso le storie”, in Ravecca M. (a cura di), Le nostre storie e le storie di altri, Centro Interculturale della Città di Torino, Torino.
Brunetti C., Ravecca M. (a cura di) (2002), Ti regalo una storia. Un’esperienza di volontariato autobiografico, Fondazione Ferrero, Alba.