Quando hai detto no
Quando hai detto no
Un laboratorio che mi piacerebbe fare
Viviamo in un tempo strano.
L’omologazione e la dispersione nella folla sembrano le regole che governano il nostro apparente pacifico vivere insieme, anche se poi la diversità, la particolarità di ciascuno, l’essere fuori dal comune sembrano essere il nuovo trend da seguire per essere creativi, up, di successo, non dimenticandosi poi di una dimensione privata che mai come ora sembra essere diventata il reale deposito dove la dimensione del senso del vivere si manifesta e si capitalizza diventando luogo di rifugio e di accoglienza dalle fatiche che l’omologazione e l’eccentricità richiedono.
Contraddizioni in termini.
Una frizione che si riverbera nelle vite di ciascuno.
Un leggero attrito che si avverte nel momento in cui si dice no, si rifiuta una proposta, una situazione, una tendenza, una collocazione, un pensiero, una definizione, uno sguardo altro su di noi o per noi. Un momento cruciale nella crescita di ciascuno e non solo del bambino che dice il suo primo no, ancora piccolo, alle persone da cui dipende completamente la sua vita. Filosofi hanno dibattuto il tema dell’alternanza tra l’identificazione e l’individuazione, tra l’essere come, insieme agli altri, e l’essere diversi, unici a se stessi.
Un disagio che, nel momento in cui si dice no e in cui ci si differenzia e ci si discosta, mette in luce non solo la nostra differenza ma anche quella degli altri e che ritorna come un boomerang, spesso dritto nello stomaco.
L’eterno rimbalzo tra chi sono io e chi sei tu.
Si cercano nuove vie prima semplicemente inesplorate, si abbandonano luoghi di privilegio e tempi di ristoro per definirsi altrove, aderenti alla propria coerenza o forse solo sperando di esserlo.
Parte un nuovo viaggio e una nuova ricerca.
Un laboratorio che mi piacerebbe fare. Quando hai detto no.