Voci dal territorio. I produttori.
La Pergola di Daniele Mourglia della Cascina San Giorgio di Bricherasio
Ho conosciuto Daniele in una luminosa domenica di marzo, a Bricherasio, durante una degustazione di prodotti locali, assaggi gustosi e delicati tra le sue vigne.
Mi ha incuriosito la sua storia di giovane vinificatore e la scelta attraversata durante il lockdown.
Sono tornata per farmi raccontare.
La pergola di Daniele
Ci sediamo a chiacchierare in un’antica tavernetta, che scopro quasi subito essere stata un luogo speciale, realizzato per volere della Marchesa, originaria proprietaria degli edifici e dei terreni. La tavernetta era in realtà un luogo di culto, una cappella realizzata tra le vigne per consentire ai contadini di pregare una volta terminato il lavoro. La Chiesa locale era troppo lontana e il tempo lasciato libero dal lavoro troppo poco.
Una croce rossa di mattoni in rilievo, realizzata nella volta a botte, ricorda il curioso passato di questo luogo.
La cascina e le prime vigne furono acquistate dai nonni di Daniele direttamente dalla Marchesa agli inizi degli anni ’50. Uno sforzo immenso per le risorse della famiglia che però nel giro di poco riuscì, grazie al duro lavoro, a saldare il forte debito contratto.
La famiglia di Daniele, come molte altre in quegli anni del dopoguerra, vive l’esperienza del ‘salto generazionale’ nella gestione del lavoro dei campi e nella conduzione della vigna. Il desiderio e la possibilità di una vita migliore e le lusinghe del lavoro moderno, in fabbrica, attrassero i genitori di Daniele. Sia il padre, sia la madre lavorarono per molti anni nelle fabbriche di zona, continuando però ad aiutare i genitori e i suoceri nella gestione dell’azienda agricola e vitivinicola.
Anche Daniele, figlio unico, si dedica e si rivolge sin da subito ad altri lavori, prima la fabbrica, poi la gestione di un bar, ma il nonno durante il tempo che rimane e che Daniele gli dedica per aiutarlo in vigna, gli racconta. Parlano e insieme soprattutto fanno, tra un filare e l’altro, una stagione dopo l’altra.
Il nonno gli spiega i segreti della coltivazione a Pergola della vite, un’antica tecnica che consente di tirare i filari della vite e farne degli ombrelli a T naturali sotto i quali i contadini in passato coltivavano segale e altri prodotti. Colture che crescevano così protette dalla vigna e dal microclima particolare che si generava sotto la Pergola. Una tecnica che Daniele con orgoglio conserva e pratica e che alterna a quella più consueta della tiratura ad arco dei tralicci della vite. Daniele non ha abbandonato neanche la vinificazione naturale senza solfiti per il bianco, già utilizzata dai nonni e che dona al vino così prodotto una luce speciale.
Il passaggio dei saperi dal nonno al nipote è fondamentale per quando Daniele decide, durante il lockdown, a 37 anni, di tornare in vigna e dedicare il suo tempo e il suo lavoro alla produzione del vino.
Nel 2020 il dono inaspettato della gestione di alcuni filari, da parte in un lontano cugino, dà inizio all’avventura. ‘Volevo sentirmi un uomo più libero, con più responsabilità certo, ma libero‘, mi racconta Daniele.
- Nominare i vini: il valore di un nome
Oggi Daniele, sposato e con due bambini piccoli, produce 5 tipologie di vini differenti e in ognuno di essi e nel loro nome si respira la sua storia e la storia della sua famiglia. Segni concreti dell’amore e della passione per il lavoro di vignaiolo e vinificatore passato a lui dalle mani esperte dei nonni.
I nomi dei vini raccontano.
Il San Giors è un rosso base barbera che prende il nome dalla Cascina di Daniele e dalla zona di produzione a Bricherasio, un’indicazione territoriale importante.
L’Alice, un dolcetto, e il Filippetto, un rosato base nebbiolo, che Daniele ha dedicato ai suoi figli, Alice e Filippo.
Infine il Russ del Rul e il Bianc del Rul, un rosso da tavola e un bianco dedicati al nonno che si chiamava Rolfo ma veniva chiamato Rul. Rul, in piemontese, è il nome della pianta del rovere, una pianta nota per la sua forza e la resistenza, caratteristiche riconosciute da tutti anche al nonno Rolfo.
- La vite antica
C’è nella vigna una vite antica, una delle prime piantate dal nonno agli inizi degli anni ’50.
Quella vite è come la pietra angolare di un nuovo edificio, solida traccia e forte memoria di un percorso iniziato più di 70 anni fa.
É l’ultima cosa che Daniele ci tiene a mostrarmi con orgoglio ed emozione prima di salutarci.
Nelle volute contorte del suo tronco e della sua scorza, nel radicamento alla terra e nella sua capacità di rigenerarsi, nuova e antica insieme, ritrovo la forza e il coraggio che risuona tra le parole e i sogni di Daniele e della sua giovane famiglia.
Radici forti che Daniele desidera tramandare ai suoi figli e far conoscere a tutti coloro che si avvicinano e apprezzano i suoi vini, valorizzandone le differenze e la specificità.
Restituzione biografica a cura di Manuela Ravecca – Scuola di Narrazione Melisirio – Torre Pellice